Nel nostro ordinamento non è ancora prevista una disciplina specifica relativa all’influencer marketing nella pubblcità sanitaria.
Dunque, per comprendere se è lecito l’uso dell’inlfuencer marketing per la normativa sulla pubblicità sanitaria, occorre analizzare le norme vigenti.
Oggi ci soffermeremo sui tratti salienti della disciplina generale dell’influencer marketing, i quali ci saranno utili per inquadrare il fenomeno e per le considerazioni sulle norme sulla pubblicità sanitaria per rimandare ad un secondo articolo la composizione del quadro completo sul ricorso all’influencer marketing in sanità.
Indice
Le norme nazionali sull’influencer marketing
La regolamentazione nazionale specifica sull’influencer marketing ha preso il via con il Regolamento Digital Chart sulla riconoscibilità della comunicazione diffusa attraverso internet, redatto dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (I.A.P) a cui, nel 2024, si sono aggiunte le Linee guida sull’influencer Marketing dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) – Delibera 7/24/CONS.
La Digital Chart dello I.A.P
Lo I.A.P è un’associazione privata che regola la comunicazione commerciale a tutela dei consumatori e a garanzia della concorrenza leale tra aziende.
I suoi regolamenti, come la Digital Chart, recentemente modificata i primi giorni di novembre, sono vincolanti per le aziende associate, per chi le riconosce e per chi stipula contratti, riguardanti la comunicazione commerciale, con soggetti associati.
Sebbene non siano leggi, le regole dell’Istituto sono ormai ampiamente diffuse e riconosciute come standard per la correttezza nella comunicazione, tanto che lo I.A.P è un interlocutore autorevole dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e dell’AGCOM.
La definizione di influencer secondo la Digital Chart
All’art. 1.1 leggiamo che:
“Nel caso in cui l’accreditamento di un prodotto o di un brand, posto in essere da celebrity, influencer, blogger, o altre figure simili di utilizzatori della rete che con il proprio intervento possano potenzialmente influenzare le scelte commerciali del pubblico, (di seguito, collettivamente, “influencer”), siano essi umani o virtuali, abbia natura di comunicazione commerciale[…]”.
L’influencer è quindi quel soggetto che pubblica -solo- on-line contenuti che hanno natura commerciale e che, grazie alla propria popolarità o comunque conoscenza presso un certo target, è capace di condizionare le scelte di consumo dell’utente finale.
Si noti, come descritto anche in questo contributo, che l’influencer può essere qualsiasi soggetto, come streamer, blogger, talent e così via, che nella propria attività di creazione di materiale via web produce anche contenuti pubblicitari.
La natura commerciale della comunicazione
L’art. 1.1 della Digital Chart continua prevedendo che la comunicazione, perché sia considerata pubblicitaria e, dunque, soggetta alla regolamentazione I.A.P, deve avere natura commerciale, ossia deve essere
“[…] frutto di un accordo con l’inserzionista per il quale l’influencer riceve un corrispettivo (quale ad esempio: denaro, beni, inviti, fruizione di servizi, o altro),[…]”
In tal senso, una comunicazione è commerciale quando esiste una collaborazione tra l’azienda e l‘influencer, con cui la prima affida l’incarico di sponsorizzazione al secondo, in cambio di un compenso o di una fornitura gratuita di beni o servizi come meglio esemplificato nella norma.
La stessa, oltretutto, si tiene molto ampia annettendo qualsiasi genere di corrispettivo attraverso l’indicazione della parola “altro”.
Un indizio dell’esistenza di un simile accordo è la presenza di tag o della citazione dell’azienda nel contenuto dell‘influencer dal momento che la spendita del nome del titolare del brand reclamizzato, di norma, avviene previa autorizzazione dello stesso.
Il principio di riconoscibilità della pubblicità digitale e, quindi, nell’influencer marketing
Stabilita la natura commerciale del contenuto on-line, occorre assicurarsi che quest’ultimo sia assolutamente riconoscibile come materiale pubblicitario.
I mezzi impiegati per rendere evidente che si tratti di un contenuto pubblicitario, chiarisce il Regolamento, devono essere
“idonei accorgimenti di immediata visibilità, senza la necessità di ulteriori azioni da parte dell’utente.”
Ciò significa che il fruitore del contenuto deve limitarsi a leggere/guardare lo stesso per capire – subito – che si tratta di una pubblicità, comportando l’esclusione dell’uso di link o altri strumenti interattivi che posticipino ad un secondo momento il corretto inquadramento della natura della comunicazione.
Ancora l’ art. 1.1, elenca gli accorgimenti considerati idonei a manifestare la natura pubblicitaria. La comunicazione, dunque:
“[…] deve essere inserita in modo ben visibile, in ogni contenuto diffuso in rete, con le modalità di seguito specificate per ogni tipologia di contenuto, la dicitura “pubblicità”, oppure “advertising”.
In alternativa, può essere inserita una delle seguenti altre diciture:
– “promosso da … brand” oppure “promoted by … brand”;
– “sponsorizzato da … brand”, oppure “sponsored by … brand”;
– “adv/ad+ brand”
Non solo.
Le diciture individuate devono risultare facilmente individuabili e leggibili:
“[…] oltre che per il posizionamento, anche grazie ad accorgimenti grafici, come la scelta dei colori a contrasto rispetto allo sfondo, la dimensione dei caratteri e, in caso di disclaimer a video, la permanenza in sovraimpressione.”
La riconoscibilità della pubblicità, inoltre, deve essere mantenuta anche durante la diffusione della stessa da parte di utenti diversi dall’autore. In tal senso, viene regolato anche il momento del “repost”:
“L’indicazione relativa alla natura pubblicitaria del contenuto deve essere mantenuta anche nel caso di condivisioni o “repost” dello stesso su altre piattaforme e interfacce online, inclusi i social media.”
La recente modifica della norma ha inserito tra i mezzi idonei all’identificazione della natura pubblicitaria della comunicazione anche i c.d. “tool” delle piattaforme che consentono la condivisione del contenuto laddove siano conformi alle indicazioni del Regolamento.
Un esempio di conformità di un tool lo possiamo trovare in tutti gli strumenti di condivisione che permettono di diffondere il contenuto mantenendo i tag, gli hashtag o le diciture che dichiarano la natura pubblicitaria del messaggio.
L’assenza del rapporto di committenza tra società e influencer
La recente modifica della Digital Chart ha preso in considerazione, in modo inedito rispetto alle sue precedenti versioni, la realizzazione di sponsorizzazioni da parte dell’influencer anche in assenza di un accordo tra lo stesso e l’azienda.
Non è raro, infatti, che si instaurino tra brand e influencer rapporti che non si protraggono nel tempo e che non hanno alle spalle una campagna marketing strutturata.
Si pensi a un’azienda che effettua il regalo di alcuni propri prodotti a un content creator per la realizzazione di un solo reel di sponsorizzazione.
Sebbene in questo caso non ci si trovi dinanzi ad una operazione commerciale di grande portata, non di meno il contenuto veicolato ha natura pubblicitaria.
Pertanto, con una pregevole attenzione alle vari forme di influencer marketing, il Regolamento all’art. 3, stabilisce che il contenuto pubblicitario, nel caso sia realizzato a seguito dell’invio di prodotti, gratuiti o pagati a un prezzo irrisorio, di invito a un evento o alla fruizione di un servizio, debba recare dei disclaimer al fine di rendere evidente la natura pubblicitaria della comunicazione.
I disclaimer indicati dall’art. 3 sono:
- “prodotto inviato da … brand”, “product gifted by … brand”, “product sent by … brand”;
- “invitato/a da … brand” / “invited by … brand”;
facendo spazio anche a diciture di simile tenore.
Autopromozioni
All’art. 5 lo I.A.P. ha inserito una precisazione, del tutto nuova, che regolamenta le comunicazioni pubblicitarie degli influencer per prodotti e/o servizi propri:
“Nel caso in cui l’influencer promuova opere di cui è autore o interprete, oppure prodotti o servizi contraddistinti da un marchio coincidente con il suo nome non è necessaria alcuna avvertenza, poiché quanto forma oggetto della promozione è chiaramente e direttamente riconducibile all’influencer stesso. In ogni altro caso, occorre inserire nei contenuti diffusi un’avvertenza che renda evidente la finalità promozionale degli stessi, secondo le regole previste dall’articolo 1.”
La norma, da un lato, stabilisce che per i contenuti nei quali è evidente che l’influencer stia facendo attività di promozione, come nel caso della pubblicizzazione di prodotti brandizzati con il nome dello stesso influencer, non ci sia necessità di inserire disclaimer che manifestino la natura commerciale.
Dall’altro lato, in ogni altro caso diverso da quelli citati nel primo comma, il contenuto on-line dovrà recare le diciture di cui all’art. 1.
Le Linee guida dell’AGCOM
Con la Delibera n. 7/24/CONS l’AGCOM ha emanato delle Linee che individuano l’applicabilità della disciplina delle comunicazioni commerciali diffuse a mezzo audiovisivo e/o radiofonico, D.Lgs. n. 208/2021, all’influencer marketing.
Di tali Linee guida ci siamo già occupati più analiticamente in questo precedente articolo e in questa sede riprendiamo unicamente la definizione di influencer c.d. “professionale” perché offre punti di riflessione interessanti per la pubblicità sanitaria, che vedremo nella seconda parte di questo contributo.
Le linee guida dell’’AGCOM, infatti, distinguono tra influencer “amatoriale” e “professionale” al fine di riconoscere a quali soggetti è adeguata, giustificata e proporzionale l’applicazione delle norme sulle comunicazioni commerciali diffuse a mezzo audiovisivo.
Il testo circoscrive il rispetto della regolamentazione sulla comunicazione a solo quegli influencer – professionali – che:
“propongono contenuti audiovisivi aventi le caratteristiche definite dalle presenti Linee guida comprendenti comunicazioni commerciali sulla base di accordi di qualsiasi tipo, dietro corresponsione di denaro ovvero fornitura di beni o servizi che cumulativamente:
- raggiungono un numero di iscritti (i cosiddetti follower) pari, in sede di prima applicazione, ad almeno un milione, risultanti dalla somma degli iscritti sulle piattaforme e dei social media su cui operano;
- hanno pubblicato nell’anno precedente alla rilevazione almeno 24 contenuti aventi le caratteristiche definite dalle presenti Linee guida;
- abbiano superato almeno su una piattaforma o social media un valore di engagement rate medio negli ultimi 6 mesi pari o superiore al 2%;”
La circostanza che l’AGCOM si preoccupi di fare una selezione e una distinzione, corretta a parere di chi scrive, tra tipologie di influencer implica che è finalmente emersa la consapevolezza che non tutti i content creator digitali siano in grado di generare il medesimo livello di engagement di un servizio/prodotto.
Dunque, anche la regolamentazione della comunicazione deve essere sì presente, ma correttamente calibrata sull’impatto potenziale esercitabile dall’influencer tra un adeguato bilanciamento tra la tutela del consumatore, la libertà di impresa e la libertà di espressione.
Riassumendo
- L’influencer è il soggetto che attua una sponsorizzazione di un bene o di un servizio via web ed è potenzialmente in grado di provocare un cambiamento nelle abitudini di consumo dell’utente;
- Tale sponsorizzazione, deve avere natura commerciale e, pertanto, deve rientrare nell’ambito di un accordo azienda/influencer mirato alla pubblicizzazione di un servizio/prodotto e comprensivo di un compenso (anche regalia del prodotto o servizio) o deve essere inserita nell’ambito di una collaborazione occasionale o anche nell’area delle autopromozioni. La natura commerciale delle comunicazioni diffuse è essenziale per distinguerle dai contenuti di libera espressione. Spesso, invero, sui social media coesistono contenuti spontanei e sponsorizzati che si confondono con grande facilità. Solo le pubblicità devono sottostare a specifiche regole, mentre il resto dei contenuti devono poter essere veicolati entro il diritto di libera espressione;
- L’influencer marketing deve essere chiaramente riconoscibile come tale dal consumatore anche in caso di “repost” del contenuto.