Il 28 giugno 2025 entrerà in vigore una normativa che segna un punto di svolta per l’accessibilità digitale in Italia: si tratta del Decreto Legislativo 27 maggio 2022, n. 82, che recepisce la Direttiva (UE) 2019/882, nota come “European Accessibility Act” (EAA). Questo decreto introduce obblighi specifici per rendere prodotti e servizi accessibili alle persone con disabilità, contribuendo a rimuovere barriere ancora molto diffuse nel mondo digitale.
Diamo allora uno sguardo al perimetro di questi nuovi adempimenti, tenendo a mente che l’accessibilità non andrebbe ridotta a un mero obbligo di legge. È innanzitutto un principio etico e, se approcciata nel modo migliore, un valore strategico che può permettere a un’impresa di posizionarsi come una realtà attenta ai diritti digitali, all’inclusione e alla responsabilità sociale.
Indice
A quali prodotti e servizi si applica l’European Accessibility Act
Negli ultimi mesi, sembra essersi diffusa l’idea che l’European Accessibility Act imponga l’accessibilità ai “siti web”. Come se l’intero provvedimento riguardasse questo specifico canale digitale.
In realtà, l’ambito di applicazione è un po’ più articolato. La norma non parla genericamente di “siti web”, bensì individua una serie di prodotti e servizi, tra cui possono rientrare siti e app. La differenza è sottile, ma rilevante. Il decreto stabilisce in particolare i requisiti di accessibilità per:
Prodotti da rendere conformi all’EAA
- Sistemi hardware e relativi sistemi operativi (es. smartphone, tablet, PC)
- Terminali self-service interattivi di pagamento, per la comunicazione o l’accesso a servizi audiovisivi (es. bancomat, biglietterie automatiche, schermi con mappe interattive, ecc.)
- Lettori di libri elettronici (e-reader)
Servizi da rendere conformi all’EAA
- Servizi di comunicazione elettronica, fatta esclusione di servizi di trasmissione utilizzati per la fornitura di Servizi da macchina a macchina
- Servizi che danno accesso a contenuti audiovisivi (es. piattaforme video)
- Servizi di trasporto passeggeri, con un focus sui relativi siti web, app, servizi di biglietteria elettronica e altre componenti specifiche
- Servizi bancari e finanziari per consumatori
- Software per la fruizione di libri elettronici (e-book)
- Servizi di commercio elettronico (e-commerce)
- Comunicazioni di emergenza al numero unico 112
Per quanto riguarda siti web e app, il Decreto prevede piuttosto alcune deroghe, applicabili a media, contenuti, archivi pubblicati precedentemente al 28 giugno 2025.
L’obiettivo chiave è quindi quello di rendere accessibili prodotti e servizi digitali destinati ai consumatori, chiamando in causa gli operatori economici UE che si configurano come fornitori dei suddetti servizi, o come produttori e/o distributori dei prodotti. Esentate invece le microimprese (meno di 10 dipendenti e meno di 2 milioni di fatturato annuo), per la parte relativa ai servizi.
Siti web e app: quando rientrano nell’obbligo
Tra i temi più dibattuti: se la norma si applichi a qualsiasi sito web. Proviamo a venirne a capo scavando un po’ nelle definizioni. Innanzitutto, il concetto di “servizio” richiama il D.lgs. 59/2010, che a sua volta descrive i servizi come prestazioni svolte in forma imprenditoriale o professionale, fornite senza vincolo di subordinazione e normalmente dietro retribuzione. Potremmo quindi escludere siti non riconducibili ad attività economiche – come quelli personali, informativi o amatoriali.
Entriamo invece nel merito dei “servizi di comunicazione elettronica”. La definizione di cui al D.Lgs. 259/2003 parla di servizi di accesso a internet (es. le attività fornite da provider di servizi di connettività) e servizi di comunicazione interpersonale (es. sistemi di telefonia o messaggistica). Che sembrerebbero però non includere i siti web, i quali rientrano, più genericamente, nei servizi di accesso a contenuti digitali, o nei servizi della società dell’informazione, categorie però non esplicitamente richiamate dall’EAA.
Un altro passaggio certamente utile da verificare riguarda la definizione di “servizi che forniscono accesso a servizi di media audiovisivi”. Recuperando il D.Lgs. 208/2021, possiamo individuare la categoria in quei servizi che forniscono programmi al grande pubblico con finalità di informazione, intrattenimento o istruzione. Nonché in quegli strumenti digitali che vi danno accesso, come piattaforme video, app televisive, guide elettroniche ai programmi, sistemi di configurazione di sottotitoli, audiodescrizioni, ecc. Ci avviciniamo alle funzioni di un sito, ma non è sufficiente ospitare qualche video per rientrare nella categoria. Il sito o l’app dovrebbe infatti avere come scopo principale la distribuzione organizzata di contenuti audiovisivi, rivolta al pubblico e dotata di una struttura redazionale coerente.
Quindi, bisogna rendere accessibili solo i siti di imprese dei trasporti, delle banche e gli e-commerce?
No, un’interpretazione di questo tipo rischia di essere riduttiva e allontanarsi molto dalla ratio della norma, che non mira solo a stabilire obblighi minimi e intende, piuttosto, promuovere un ambiente digitale complessivamente più equo, inclusivo, e privo di barriere che possano limitare la piena partecipazione delle persone con disabilità alla vita economica e sociale. È quindi certamente più saggio approcciare l’accessibilità non come mero vincolo giuridico, ma anche come scelta etica, strategica e valoriale.
Ciò detto, numerosi requisiti di accessibilità si applicano non solo al prodotto o al servizio principale, ma anche ai mezzi digitali tramite cui vengono fornite informazioni o funzionalità a supporto del prodotto o servizio in questione. Ecco, quindi, che siti web e portali online ritornano, poiché utilizzati come strumenti di presentazione di informazioni su condizioni contrattuali, funzionalità, istruzioni d’uso, supporto post-vendita, informazioni sulla garanzia o sulle riparazioni. Più in generale, come contenuti digitali essenziali per la fruizione del servizio. Insomma, forse non rientra nell’obbligo qualsiasi sito vetrina, ma il panorama certamente si allarga.
Il concetto, a parere di chi scrive, è che non sia il sito in quanto tale a essere soggetto all’obbligo, bensì la sua funzione nel contesto di un servizio al consumatore. In questo senso, l’accessibilità andrebbe analizzata in un senso più ampio, dove il sito web accessibile è inteso come un’estensione dell’accessibilità del servizio o prodotto correlato, di cui il canale digitale rappresenta un elemento di interazione essenziale.
Cosa significa rendere accessibile un servizio digitale
La norma richiede che i prodotti e servizi per cui è richiesto, possano essere utilizzati senza ostacoli da persone con disabilità visive, uditive, motorie o cognitive. Questo può comportare l’utilizzo di soluzioni tecniche compatibili con tecnologie assistive (es. screen reader, display braille, comandi vocali), l’integrazione di informazioni comprensibili e utilizzabili attraverso diversi canali (es. testo, audio, comandi vocali), il rendere possibili la navigazione e l’interazione con più modalità, nonché l’uso di layout grafici chiari, colori e contrasti adeguati, testi alternativi per le immagini, struttura logica delle pagine, notifiche accessibili e focus visibile sugli elementi interattivi.
La norma UNI CRI EN 301549 e le raccomandazioni del World Wide Web Consortium (W3C) inserite nelle Web Content Accessibility Guidelines (WCAG) restano le indicazioni tecniche principali.
[Ved. anche Accessibilità dei servizi digitali: necessità, obbligo od opportunità?]
Ma si suggerisce anche la consultazione dell’Allegato I del Decreto che elenca una serie di esempi concreti di requisiti, declinati sulle diverse tipologie di prodotti e servizi. Ad esempio, per i servizi di commercio elettronico, oltre ai requisiti standard, vengono indicate alcune integrazioni specifiche, che comprendono:
- Fornire informazioni sull’accessibilità dei prodotti e servizi venduti, quando rese disponibili dal produttore
- Estendere i criteri di accessibilità (percepibilità, utilizzabilità, comprensibilità e robustezza) alle eventuali funzioni digitali di identificazione, autenticazione, pagamento, firma elettronica nell’e-commerce.
L’approccio richiesto è in ogni caso trasversale e sistemico: non basterà correggere un singolo elemento, ma occorre progettare l’intero servizio – o l’interfaccia che lo eroga – pensando fin dall’inizio a tutte le potenziali esigenze dell’utenza.
Possibili sanzioni per violazioni dei principi di accessibilità
L’inadempimento agli obblighi di accessibilità stabiliti dal decreto può comportare sanzioni amministrative anche significative. Chi non rispetta gli obblighi di accessibilità può incorrere in sanzioni da 2.500 a 40.000 euro, in base alla gravità della non conformità e al numero di utenti o servizi coinvolti. Attenzione: se si intende invocare la clausola dell’onere sproporzionato, è fondamentale documentare formalmente le ragioni economiche o tecniche che ostacolano l’adeguamento del prodotto o del servizio ai criteri di accessibilità. Una dichiarazione generica non è sufficiente.
La norma prevede anche alcune deroghe temporanee fino al 2030, tra cui la possibilità di proseguire l’uso di prodotti non ancora adeguati, se già in uso prima del 28/06/2025. Sembrerebbero invece esclusi da questa formula del regime transitorio, tutti i servizi (inclusi gli eventuali siti web). Le deroghe, in ogni caso, non sospendono gli obblighi complessivi di accessibilità e l’applicabilità della norma. Una fra tutte, dal 28 giugno 2025 non è più possibile rimandare la predisposizione e la pubblicazione della propria dichiarazione di conformità.
Cosa fare oggi: istruzioni operative per le imprese
Ogni azienda dovrebbe avere già iniziato da tre azioni concrete:
- verificare se i propri prodotti o servizi digitali rientrano nell’obbligo,
- mappare i canali digitali correlati ai suddetti prodotti e servizi, o che generano contratti con consumatori, o riportano documentazione rilevante,
- avviare audit tecnici coinvolgendo i responsabili delle linee di business e i team di sviluppo collegati.
Le strategie per superare il 28 giugno dovrebbero quindi già essere in linea di massima delineate. Ad ogni modo, ecco qualche altro suggerimento operativo per chi non sia ancora pronto.
La norma distribuisce obblighi diversi a seconda del ruolo dell’azienda nella catena del valore. Pertanto, sarà fondamentale, nel mappare prodotti e servizi e nel verificare l’ambito di applicazione, considerare anche il ruolo della propria impresa. Quindi, valutare le necessarie implementazioni nei processi organizzativi.
- Se fabbrico prodotti da rendere accessibili, devo assicurare che siano progettati e fabbricati in maniera conforme, quindi predisporre documentazione tecnica che dimostri la conformità, apporre la marcatura CE, fornire istruzioni d’uso accessibili in formato digitale, eseguire la valutazione di conformità e redigere la dichiarazione UE di conformità da conservare per 10 anni.
- Se importo e distribuisco prodotti da rendere accessibili, devo organizzarmi per verificare che il fabbricante abbia adempiuto ai propri obblighi, controllare la marcatura CE e la documentazione di conformità, conservarne copia per 10 anni e segnalare eventuali non conformità.
- Se erogo servizi soggetti ai requisiti di accessibilità, devo rivedere il mio flusso di progettazione, affinché includa l’adozione e la verifica dei requisiti, garantire che il personale sia formato sull’uso delle tecnologie assistive, conservare documentazione sui requisiti applicati, fornire informazioni sui servizi di accessibilità disponibili.
Vale per tutti, invece, il consiglio di lavorare alla dichiarazione di accessibilità da pubblicare sui propri canali digitali. Oltre che, in generale, di documentare ogni valutazione svolta, a partire dalle eventuali considerazioni sull’onere sproporzionato. Parallelamente, è importante seguire gli sviluppi e gli aggiornamento dell’AgID, considerando che l’accessibilità sarà un percorso di miglioramento continuo.
L’accessibilità offre vantaggi concreti: migliore usabilità, rafforzamento della reputazione aziendale, ottimizzazione del posizionamento sui motori di ricerca e costruzione di relazioni più solide con i clienti. Quindi, integrare fin da subito i principi di progettazione universale nelle nuove funzionalità rappresenta il passo successivo.
Chi progetta per chiunque, progetta meglio per tutti.