Il caso “Booking.com” costituisce oggi un leading case per le strategie di registrazione dei marchi digitali nell’ ordinamento europeo e rappresenta un precedente rilevante non solo per gli operatori della proprietà industriale, ma anche per chi sviluppa strategie di branding. L’adozione di un marchio basato su termini descrittivi se, da un lato, può apparire vantaggiosa sul piano comunicativo, dall’altro lato si traduce in una tutela giuridica debole nell’ordinamento europeo.
Per questa ragione, si raccomanda di selezionare fin dall’origine denominazioni intrinsecamente distinctive e di privilegiare, già in fase di naming, denominazioni dotate di carattere distintivo intrinseco, possibilmente rafforzate da elementi figurativi, simboli o componenti grafiche idonee a soddisfare i rigorosi standard valutativi dell’EUIPO.
La vicenda relativa a “Booking.com” costituisce un esempio paradigmatico che mette in luce il rigore dell’approccio europeo alla registrabilità dei marchi, offrendo al contempo rilevanti indicazioni per le strategie di branding nel contesto digitale.
[Si veda anche Registrare o non registrare un marchio, questo il dilemma]
Indice
La storia completa del caso Booking.com (2021-2025)
Tra il 2021 e il 2025, la domanda di marchio presentata dalla società olandese Booking.com BV ha attraversato un complesso iter procedurale di cui vale la pena esaminarne il percorso registrale.
L’11 dicembre 2020 la società olandese Booking.com BV di Amsterdam ha presentato dinanzi l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) la domanda di marchio figurativo “Booking.com”, identificata con il numero 018353147, per un’ampia gamma di servizi, fra cui attività finanziarie (classe 36), trasporti (classe 39), attività di formazione (classe 41), consulenza tecnologica (classe 42) e servizi di alloggio e ristorazione (classe 43).
Primo rifiuto – 21 ottobre 2022
A seguito di un’obiezione sollevata dall’EUIPO il 7 gennaio 2021 e delle osservazioni depositate il 16 luglio 2021 dalla società titolare del marchio contestato, con decisione assunta il 21 ottobre 2022 l’EUIPO ha respinto integralmente la domanda di marchio n. 018353147, ritenendo il marchio “Booking.com” descrittivo [art. 7(1)(c) EUTMR]: a giudizio dell’Ufficio Marchi europeo, il pubblico anglofono lo percepisce come “prenotazione online” e dunque è carente di carattere distintivo [art. 7(1)(b) EUTMR].
L’EUIPO ha altresì rigettato la citata domanda di marchio in relazione alla distintività acquisita (c.d. secondary meaning), ritenendo le prove fornite insufficienti perché non erano state fornite prove dirette (quali sondaggi, quote di mercato certificate) e, quelle prodotte, riguardavano principalmente Germania, Paesi Bassi e Svezia, ma non i Paesi di Irlanda e Malta (Paesi dove l’inglese è lingua ufficiale). In quest’ultimi Paesi l’EUIPO ha segnalato gravi lacune in quanto non risultavano presenti dati idonei a dimostrare il radicamento del marchio presso i consumatori. Perdipiù molte delle prove mostravano versioni diversificate del logo (a colori, stilizzate, ecc.).
Perchè del rigetto
Con la richiamata decisione, l’EUIPO ha in sostanza respinto la registrazione del marchio figurativo “Booking.com” in un’emblematica dimostrazione sui limiti della distintività nel diritto europeo dei marchi, nello specifico per carenza di carattere distintivo e natura descrittiva del segno rispetto ai servizi richiesti, sulla base degli articoli 7(1)(b) e (c) e 7(2) del Regolamento (UE) 2017/1001 sul marchio dell’Unione Europea.
Il rigetto è stato centrato quasi interamente sulla componente verbale “Booking.com”, contestata perché scritta in un font sobrio e priva di elementi grafici realmente distintivi. La contestazione ha fatto leva su una domanda di marchio figurativo minimale, privo di elementi grafici significativi.
Nel motivare il proprio rigetto, l’Ufficio ha richiamato la giurisprudenza europea secondo la quale l’aggiunta di un dominio di primo livello (come “.com”) ad una dicitura generica o descrittiva non è sufficiente a conferire distintività. La giurisprudenza più diretta a cui l’EUIPO ha fatto riferimento ha riguardato la sentenza del Tribunale UE resa in relazione al caso PHOTOS.COM (T-338/2011) che aveva statuito che il suffisso viene percepito dal pubblico come semplice indicatore della disponibilità online del servizio, quindi un mero elemento tecnico privo di capacità distintiva autonoma.
In tale contesto, l’Esaminatore Marchi UE ha precisato che la valutazione del segno deve essere effettuata nella sua globalità, ma ciò non impedisce l’esame analitico delle singole componenti il cui significato resta evidente e direttamente collegato ai servizi offerti.
La decisione dell’EUIPO del 4 giugno 2025
A seguito di osservazioni integrative depositate in data 27 aprile 2023 e della produzione di numerose prove presentate da parte della società olandese, l’EUIPO ha rivisto la sua originaria posizione di rigetto totale, riconoscendo le prove convincenti ma limitatamente al settore degli hotel/alloggi e servizi di prenotazione alloggi temporanei (vale a dire per le classi 42 e 43).
Grazie alla produzione documentale fornita da Booking.com BV, l’EUIPO ha riconosciuto l’uso del marchio ma non la distintività acquisita, motivando quest’ultimo aspetto sul presupposto che non è possibile “estrapolare” la distintività: in breve, un marchio famoso non può rivendicare il carattere distintivo per servizi illimitati solo vendendoli sullo stesso sito. L’Esaminatore stesso, pur essendo utente frequente di Booking.com per alloggi, ha scoperto solo dalle memorie che l’app permetteva anche di prenotare viaggi e altri servizi.
Con la decisione assunta il 4 giugno 2025 si è, dunque, giunti ad un’accettazione parziale della domanda di marchio Booking.com. In particolare, la richiamata domanda di marchio è stata ammessa alla registrazione per i servizi ricompresi nelle classi 35, 39, 42, 43, mentre è stata respinta per i servizi di cui alla classe 41 relativa a “prenotazione, informazione e ricerca per attività culturali ed eventi che si svolgono negli hotel e attrazioni locali situate negli hotel”.
In merito alle motivazioni a supporto della propria decisione, l’EUIPO ha riconosciuto che le prove erano “sufficiently convincing” per gli alloggi grazie a una quota di mercato del 67,7% nelle agenzie di viaggio online, traffico consistente sul sito in tutti gli Stati membri UE, download significativi dell’app e investimenti pubblicitari ingenti
Ma per i servizi culturali (classe 41), l’EUIPO ha ribadito che le prove riguardavano quasi esclusivamente hotel/alloggi, mentre per ristoranti, trasporti, attività culturali le prove erano “vaghe”.
Brevi considerazioni conclusive
Nonostante la sua notorietà mondiale, Booking.com ha dovuto affrontare un tortuoso iter registrale dinanzi all’EUIPO per ottenere la protezione del proprio marchio figurativo nell’Unione Europea. La combinazione del termine descrittivo “booking” e del suffisso “.com” è stata inizialmente considerata priva di carattere distintivo intrinseco, in quanto percepita dal pubblico anglofono come mera indicazione di servizi di prenotazione online. Solo grazie alla dimostrazione della distintività acquisita attraverso l’uso (secondary meaning), il marchio è stato registrato per i servizi di prenotazione alloggi, ma non per attività culturali ed eventi. Il caso evidenzia il particolare rigore del sistema europeo, che richiede prova concreta ed effettiva del riconoscimento del marchio da parte di una proporzione significativa del pubblico, offrendo così importanti indicazioni per la tutela dei marchi digitali e le strategie di naming delle imprese online.
Evoluzione degli standard valutativi dell’EUIPO in materia di marchi descrittivi.
Il procedimento ha evidenziato un mutamento significativo nella prassi applicativa dell’EUIPO. Se fino agli anni 2010-2011 prevalevano criteri valutativi meno restrittivi – che avevano reso possibile la registrazione di segni affini, compreso il marchio verbale “Booking.com” per distintività acquisita – a partire dal 2017 l’Ufficio Marchi UE ha progressivamente inasprito il proprio approccio. Tale cambiamento si riflette in un vaglio più severo dei marchi descrittivi o costituiti da termini generici associati a estensioni di dominio.
La decisione dell’EUIPO è la chiara dimostrazione della prevalenza del principio di legalità stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza BioID (C-37/2003 P) rispetto all’eventuale prassi pregressa dell’Ufficio: il fatto che l’EUIPO in passato abbia concesso registrazioni simili, non vincola l’Ufficio a reiterare nell’assumere decisioni errate. Nella stessa decisione si afferma, infatti, che «Se in casi precedenti l’Ufficio ha forse erroneamente adottato un approccio eccessivamente generoso, tale errore non dovrebbe essere aggravato seguendo un simile approccio in un caso successivo».
La decisione recentemente assunta dall’EUIPO che ha visto il rigetto della domanda di marchio “minimalista” Booking.com per i servizi della classe 41 è, dunque, il riflesso di un orientamento più rigoroso dell’EUIPO e del Tribunale dell’Unione Europea in materia di carattere distintivo.
Principio rilevante e insegnamenti del caso
La decisione conferma che un marchio famoso non può automaticamente rivendicare distintività acquisita per un numero illimitato di beni/servizi semplicemente vendendoli sullo stesso sito web.
È necessaria una prova specifica dell’associazione mentale del pubblico per ciascuna categoria di servizi.
La decisione EUIPO insegna che:
- La distintività acquisita è service-specific: non si può “trasferire” automaticamente da una categoria di servizi all’altra;
- anche se culturalmente associati (concerti negli hotel), i diversi servizi restano tra loro indipendenti e richiedono prove separate;
- onere probatorio rigoroso: servono prove concrete, non mere presunzioni basate sulla notorietà generale del marchio;
- focus geografico: particolare attenzione ai paesi anglofoni (Irlanda, Malta) dove il marchio è più descrittivo.
In buona sostanza, il caso Booking.com evidenzia come il sistema europeo non consenta “estrapolazioni” di distintività: un marchio famoso in un settore non può rivendicare automaticamente tutela per servizi diversi, anche se venduti sulla stessa piattaforma. Una lezione fondamentale per le strategie di naming e di estensione del brand nel digitale.
