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Protezione dei Marchi nel Settore Vitivinicolo: Strategie e Sentenze di Rilievo
La tutela dei marchi nel settore vitivinicolo è un tema cruciale per le aziende che vogliono preservare la loro identità e il valore del proprio brand. L’Italia, con una tradizione vinicola millenaria, ha fatto del vino un simbolo del Made in Italy, ma la crescente competizione nei mercati globali ha reso indispensabile una strategia mirata alla protezione legale dei marchi.
Oggi, registrare, mantenere e difendere un marchio non è solo una questione legale, ma un investimento strategico per distinguersi dalla concorrenza. Il rischio di confusione tra marchi è una problematica sempre più rilevante nel settore vinicolo, dove l’identità di un prodotto è definita non solo dal nome, ma anche da fattori come il packaging, l’immagine e la reputazione del produttore.
Nell’ottica di scongiurare qualsiasi tipo di confusione tra marchi nel settore vitivinicolo, è quindi fondamentale adottare misure adeguate per evitare ogni possibile rischio confusorio, dal momento che l’identità di un vino è spesso legata non soltanto al nome, ma anche ad altri aspetti, quali l’immagine, il packaging e la reputazione del produttore.
[Vedi anche il nostro approfondimento UNICITÀ NON È “DISTINTIVITÀ”: un po’ di chiarezza sul carattere distintivo dei marchi]
Tra le varie strategie che possono servire per implementare la protezione legale del proprio marchio vi è senz’altro quella di optare per nomi e segni originali e distintivi che non richiamino altri marchi già esistenti, a cui combinare la tecnica dell’educazione del consumatore, il quale va informato costantemente sulle caratteristiche distintive del proprio prodotto anche attraverso campagne d marketing chiare e coerenti.
Implementando queste strategie, le aziende vinicole possono ridurre in modo significativo il rischio di confusione tra marchi e così proteggere la propria identità sul mercato.
Sentenza del Tribunale UE: Chiarimenti sul Rischio di Confusione
Una interessante sentenza emessa dal Tribunale dell’Unione Europea ha suscitato un notevole interesse alla luce del fatto che ha stabilito l’assenza di rischio di confusione tra due marchi di vini che, a prima vista, potrebbero in realtà sembrare simili.
Si tratta di una decisione che, non solo chiarisce le linee guida riguardanti la registrazione e l’uso dei marchi nel settore vinicolo, ma offre anche alcuni spunti preziosi su come le aziende possono tutelare la propria identità e reputazione, in un mercato sempre più competitivo, dove l’immagine del vino è fondamentale per il suo stesso successo.
È cruciale comprendere le implicazioni della decisione emessa dal Tribunale dell’UE in quanto con la sua pronuncia l’organo giurisdizionale europeo ha inteso mettere in luce il ruolo di grande importanza che nel settore vinicolo riveste l’elemento denominativo di marchi.
Tale decisione delinea come i criteri per la valutazione del rischio di confusione tra marchi non sono sempre uguali. Tra questi rilevano il settore merceologico e le abitudini del consumatore nel settore di riferimento. In particolare, i giudici europei hanno evidenziato il ruolo di primaria importanza che nel settore vinicolo riveste l’elemento denominativo ai fini della valutazione del rischio di confusione tra marchi. È prassi per i consumatori designare e riconoscere i vini dal loro elemento denominativo, che solitamente coincide con il nome del viticoltore o della proprietà sul cui terreno avviene la produzione del vino. Quello vinicolo è un contesto nel quale il consumatore non è abituato a soffermarsi soltanto sulla prima parola del segno, ma, con dovizia di particolari, ricorda anche la seconda parte dell’elemento denominativo, soprattutto se la stessa è distintiva.
Rischio di Confusione tra Marchi Vinicoli: Il Caso “ALEGRA DE BERONIA” vs “ALEGRO”
Il tema del rischio di confusione tra marchi nel settore vinicolo è tornato al centro dell’attenzione con la controversia tra due aziende spagnole. La vicenda ha avuto origine con la domanda di registrazione del marchio denominativo “ALEGRA DE BERONIA”, presentata dalla società vinicola spagnola Bodegas Beronia S.A. presso l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO). Il marchio era destinato a identificare prodotti della classe 33, ovvero il settore vinicolo.
A contrastare questa registrazione è stata la concorrente Bodegas Carlos Serres S.L., titolare del marchio preesistente “ALEGRO”, anch’esso riferito al vino. L’azienda ha presentato un’opposizione formale all’EUIPO ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) del Regolamento sul Marchio dell’Unione Europea (RMUE), sostenendo che il nuovo marchio potesse generare rischio di confusione e associazione tra i consumatori.
L’EUIPO ha dato ragione alla società ricorrente, rigettando la registrazione del marchio “ALEGRA DE BERONIA” per via della somiglianza tra i segni e dell’identità dei prodotti interessati. Bodegas Beronia S.A. ha presentato appello (procedimento R 2013/2020 -1), ma la Commissione di Ricorso ha confermato il rigetto. A seguito di questa decisione, l’azienda ha scelto di ricorrere al Tribunale dell’Unione Europea, depositando il ricorso il 27 maggio 2021.
La decisione del Tribunale dell’Unione Europea
Con decisione pronunciata il 4 maggio 2022 (T 298/21), il Tribunale UE ha ribaltato i precedenti verdetti e ha annullato la precedente decisione della Commissione di Ricorso.
Nello specifico, il Tribunale europeo ha evidenziato i seguenti aspetti di preminente rilievo nel settore vitivinicolo:
- il marchio anteriore ALEGRO si compone di sei lettere, mentre la domanda di marchio ALEGRA DE BERONIA si compone di quindici lettere e solo cinque lettere dei due marchi sono identiche;
- nel confronto tra i segni in esame occorre prendere in considerazione la presenza dell’elemento “beronia” nel marchio contestato che ha lo stesso grado di distintività della dicitura “alegra”;
- nel marchio contestato vi è la presenza di elementi non descrittivi, quali “de” e “beronia”, che sono in grado di ridurre in modo significativo la somiglianza visiva tra i segni in conflitto.
Alla luce delle suesposte valutazioni, i giudici europei hanno rilevato che – seppur è vero che generalmente i consumatori attribuiscono maggiore importanza alla parte iniziale di un segno piuttosto che alla parte finale poiché normalmente più appariscente, sia visivamente che foneticamente – detta circostanza non trova applicazione in tutti i casi.
Occorre, infatti, tenere sempre a mente il principio secondo cui l’esame della somiglianza dei marchi deve tenere conto dell’impressione globale da essi prodotta. A mente di tale considerazione, si rileva che nel settore degli alcolici i consumatori sono abituati a vedere le bevande contraddistinte da marchio composto da più elementi denominativi, con la conseguenza che risulta difficile che gli stessi, quali soggetti ragionevolmente informati, attenti e avveduti, possano essere superficiali sulla seconda parte dell’elemento denominativo di un marchio al punto da memorizzarne solo la parte iniziale.
A giudizio del Tribunale, il marchio contestato contiene come parte finale del segno l’elemento “beronia” che è un termine di fantasia e non è affatto un riferimento geografico o commerciale dei prodotti designati e, pertanto, dotato di un alto grado di distintività.
Ne consegue che, grazie alle numerose e non superflue differenze, i marchi in conflitto ALEGRO e ALEGRA DE BERONIA hanno una scarsa somiglianza non solo fonetica, ma la somiglianza è stata ritenuta debole anche a livello concettuale.
Conclusioni
Considerate le significative differenze, il Tribunale europeo ha ritenuto che, nonostante l’identità dei prodotti rispettivamente rivendicati, il pubblico di riferimento è perfettamente in grado di distinguere quelli coperti dalla domanda di marchio da quelli coperti dal marchio anteriore.
Alla luce di quanto sopra esposto, il Tribunale ha concluso che non sussiste un rischio di confusione e/o associazione per pubblico di riferimento e, di conseguenza, ha annullato la decisione impugnata.
La domanda di registrazione di marchio “ALEGRA DE BERONIA” ha, pertanto, proseguito il suo iter fino ad ottenere la definitiva registrazione da parte dell’EUIPO.
La suesposta decisione è una evidente dimostrazione di come il tradizionale criterio della preminenza dell’elemento iniziale del marchio denominativo non è sempre applicabile indistintamente.