Non vi è alcun dubbio che un marchio possa essere registrato sia come marchio denominativo sia come marchio figurativo a condizione che assolva alla sua funzione di indicatore di provenienza dell’origine imprenditoriale dei prodotti e servizi che contraddistingue, trattandosi del primo e più immediato punto di contatto tra l’impresa ed i consumatori.
Proprio per questa ragione, come già approfondito nell’articolo “Il dilemma continua…Quale tipo di marchio registrare?”, è fondamentale scegliere un segno accattivante, capace di catturare l’attenzione dei consumatori e di restare impresso nella loro memoria, senza tuttavia perdere la sua capacità di svolgere la funzione distintiva e, dunque, la sua capacità di indentificare i prodotti e servizi che distingue come provenienti da un determinato imprenditore.
La necessità di bilanciare tali due opposte necessità ha trovato piena (ed ennesima) conferma nella recente decisione adottata dall’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) il 15 settembre 2023 con cui è stata rigettata la registrazione del marchio dell’Unione Europea raffigurante il volto di una donna in quanto privo di carattere distintivo secondo il pubblico di riferimento.
Ma vediamo, nel dettaglio, perché il marchio è stato rifiutato e quale carattere deve avere l’immagine che ritrae un volto umano per essere validamente registrata e, dunque, affinché il pubblico di riferimento riconosca il segno come marchio di impresa e lo associ ad un determinato imprenditore.
Indice
Il caso
La decisione dell’EUIPO è stata adottata in merito alla domanda di registrazione come marchio d’impresa dell’immagine del volto della modella olandese Puck Schrover [domanda di marchio n. 018864324 EUIPO – eSearch (europa.eu)].
La domanda di marchio riguardava le classi merceologiche di servizi 35 (servizi di manichini e fotomodelle per pubblicità o promozione delle vendite) e 41 (servizi di modelli e manichini per scopi ricreativi o di svago).
L’esame e la valutazione della domanda marchio da parte dell’EUIPO si sono concentrati esclusivamente sulla parte figurativa del segno (il volto della modella Puck Schrover) e per l’EUIPO in tale contesto hanno assunto un ruolo fondamentale i concetti di unicità e di distintività, che vanno tenuti separati l’un l’altro.
L’EUIPO, dopo aver chiarito che la registrazione di marchi rappresentativi di persone, di per sé, non è preclusa a patto che possano essere percepiti immediatamente come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi di cui trattasi, ha rigettato il marchio in esame ritenendo che esso non conteneva alcuna caratteristica o elemento originale capace di conferire un carattere distintivo, seppur minino, tale da consentire al pubblico di distinguere con immediatezza i servizi contraddistinti da quelli analoghi provenienti da altre imprese.
Secondo l’EUIPO il fatto che il volto raffigurato costituisca una rappresentazione unica non basta e non è sufficiente a conferire il carattere distintivo al marchio richiesto nel suo complesso, al fine di adempiere alla sua funzione essenziale. In altre parole, sebbene le immagini e le fotografie rappresentino persone o individui specifici, esse non sono generalmente altro che una banale e comune rappresentazione di persone in generale, con la conseguenza che esse vengano percepite come comuni ai servizi in questione.
Ciò perché frequentemente i servizi ricompresi nelle classi 35 e 41 vengono presentati e promossi proprio con immagini di persone che forniscono tali servizi, vale a dire manichini o modelle. In ragione di ciò, i consumatori non riconoscono nel segno un marchio di impresa, ma una comune immagine abitualmente utilizzata per la presentazione dei servizi di cui trattasi.
I differenti concetti di unicità e di distintività
In questo contesto, il carattere dell’unicità (ossia della singolarità o dei tratti propri di una persona) non coincide con la distintività richiesta ai segni per poter essere validamente registrati come marchi.
Il carattere della distintività – che deve ricorrere nei marchi – rappresenta l’attitudine del segno ad identificare i prodotti e i servizi interessati come provenienti da una determinata impresa e quindi a differenziarli dagli altri segni presenti sul mercato.
In altre parole, unicità (intesa come esclusività) e “distintività” (intesa come capacità di distinguere i prodotti e servizi) sono due concetti distinti e l’unicità di un individuo non conferisce, di per sé, distintività al marchio che lo rappresenta: l’unicità rappresenta quella qualità di essere unici (uno su migliaia), mentre la distintività è qualcosa che distingue qualcosa da qualcos’altro.
L’enfasi posta dalla richiedente sul carattere unico della donna raffigurata (dunque, sul carattere dell’unicità) non cambia la situazione per cui agli occhi dei consumatori di riferimento, il segno è costituito da un’immagine fotografica di una qualsiasi donna. Né lo sfondo o i colori della fotografia sono tali da aggiungere elementi caratterizzanti o insoliti capaci di essere colti e memorizzati dai consumatori.
Pertanto, il segno richiesto come marchio, pur essendo caratterizzato dal carattere dell’unicità, è privo del carattere della distintività.
In altre parole, se è vero che ogni persona è unica è altrettanto vero che la sua immagine non è sinonimo di indicatore di origine commerciale.
Peraltro, l’immagine della modella in questione non si contraddistingue per la presenza di speciali ed originali caratteristiche del volto in termini di occhi, naso, bocca, orecchie o capelli, tali da influenzare la mente e il ricordo del consumatore al punto tale da permettergli di associare quel volto ai prodotti e servizi contraddistinti e a differenziarli da quelli analoghi provenienti dai concorrenti.
La decisione dell’EUIPO
Considerando che le immagini fotografiche di persone sono all’ordine del giorno nella pubblicità di prodotti e servizi, i consumatori percepiranno il segno come nient’altro che un’immagine promozionale dei servizi offerti da modelle e manichini.
Considerando inoltre che le caratteristiche specifiche della rappresentazione del volto sono comuni e consuete, il segno non è idoneo a distinguere con immediatezza e precisione i servizi forniti dalla richiedente da quelli provenienti da altri imprenditori.
Alla luce di quanto sopra, l’EUIPO ha concluso che il marchio richiesto, unitamente ai servizi richiesti, non possiede in alcun modo il carattere distintivo richiesto per la registrazione e non può essere registrato come marchio dell’Unione Europea ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), Regolamento sul Marchio dell’Unione Europea (Reg. 1001/2017).
Ad oggi le sorti del marchio europeo in questione sono tuttavia ancora sospese posto che la decisione dell’EUIPO è stata appellata dalla società richiedente.
Conclusioni
Alla luce delle considerazioni sopra riportate, è comprovato che il rispetto di rigorosi standard circa la distintività del marchio è imposto ai fini della registrazione di un valido marchio.
Per contro, l’assenza del carattere distintivo impedisce al segno di svolgere la sua funzione essenziale, vale a dire quella di consentire al consumatore di fare un immediato collegamento tra il prodotto/servizio che il segno contraddistingue e l’origine imprenditoriale e di riuscire a distinguere con altrettanta immediatezza (senza dover fare ricerche analitiche o comparative) il dato prodotto e/o servizio da quelli di altre società che operano nel medesimo settore merceologico.
In mancanza di tale attitudine, il marchio è privo di capacità distintiva e non può essere registrato.
Ed è proprio la funzione distintiva del marchio, in sillogismo con la funzione di indicatore di provenienza, che consente ai consumatori di ripetere le scelte precedentemente fatte di uno specifico prodotto o servizio se tali scelte hanno avuto un riscontro positivo, ovvero di orientarsi verso una scelta alternativa in caso di esperienza negativa.