La l. n. 145/2018 ha istituito l’inedito ambito di competenza della pubblicità sanitaria in capo all’AGCOM.
Infatti, questa Autorità svolge certamente la sua opera di garanzia nelle comunicazioni, anche verso i consumatori, ma con riferimento all’ambito degli audiovisivi.
Si consideri, poi, che l’ente di riferimento in materia di pubblicità scorretta è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha tra i propri campi di attività il potere di controllo e verifica delle comunicazioni pubblicitarie in genere e, potenzialmente, anche di quelle sanitarie.
In considerazione di questo panorama, si è rilevata necessaria la redazione una norma che estenda i poteri dell’AGCOM ad altri mezzi di comunicazione.
In tal senso, sono in corso i lavori sul DDL Prestazioni Sanitarie, che ha ad oggetto svariate disposizioni in materia sanitaria, che contemplano anche la disciplina dei poteri sanzionatori della AGCOM, il cui ultimo emendamento è stato approvato solo recentemente.
Indice
Il testo dell’emendamento
L’emendamento in esame introduce una sanzione pecuniaria, di natura amministrativa, pari al 10% del valore della campagna promozionale e, in ogni caso, non inferiore a 10.000 euro a carico del soggetto interessato o committente, sia questo una struttura sanitaria privata di cura o un soggetto iscritto agli Albi degli Ordini delle Professioni Sanitarie, nonché a carico del proprietario del mezzo o del sito internet di diffusione o di destinazione, con l’esclusione di campagne di prevenzione informative con qualsiasi mezzo diffuse.
Inoltre, istituisce in capo all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni il potere sanzionatorio in materia di pubblicità sanitaria, che vi provvede ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del comma 536 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, indipendentemente dal mezzo con cui la pubblicità è effettuata.
Brevi considerazioni
1 L’ammontare della sanzione
È interessante notare che la sanzione è proporzionale al valore della campagna, ma con un minimo stabilito di 10.000 euro, il che potrebbe avere un impatto significativo, nonché molto disincentivante, sulle strutture sanitarie e soprattutto sui singoli professionisti coinvolti che potrebbero evitare la formulazione di nuove comunicazioni pubblicitarie (corrette).
2. I soggetti
Rispetto ai soggetti sanzionabili si introducono i concetti di “interessato o committente” e i proprietari dei mezzi o dei siti internet di comunicazione o di destinazione utilizzati per la campagna.
Ai sensi dell’art. 1, comma 525, l. n. 145/2018, i soggetti che si devono uniformare alle norme sulla pubblicità sanitaria sono le strutture sanitarie private, anche costituite in forma societaria, e gli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie e tra questi soggetti occorrerà individuare interessato e committente, sebbene con non poche difficoltà interpretative.
Che il legislatore volesse dirimere l’ipotesi in cui si esternalizza la realizzazione di comunicazioni sanitarie?
Può accadere, più frequentemente nelle strutture sanitarie complesse, che le comunicazioni sanitarie siano redatte da un ufficio marketing o una società specializzata, su incarico della titolarità, e successivamente sottoposte al Direttore Sanitario che, ricordiamo, è il soggetto responsabile della correttezza della pubblicità.
In un certo senso, in questo caso la struttura sanitaria potrebbe essere un committente avendo esternalizzato la realizzazione della pubblicità.
Ma anche senza la puntualizzazione inserita nell’emendamento la responsabilità sarebbe comunque stata ben definita in capo al suo Direttore sanitario, oltretutto onerato del controllo del lavoro di terzi in materia di pubblicità.
Con riferimento ai proprietari dei mezzi o dei siti web di comunicazione e di destinazione si assiste a un evidente ampliamento delle responsabilità per l’errata comunicazione in ambito sanitario rispetto ai soggetti individuati dall’articolo 1, c. 525, della ormai nota l. n. 145/2018, mai menzionati precedentemente.
Anche in questo caso l’individuazione del trasgressore potrebbe non essere semplicissima soprattutto rispetto alla comunicazione on-line dal momento che, spesso, i siti web offrono spazio per i contenuti senza che vi sia necessariamente una “direzione editoriale” ad assumere il controllo, e la relativa responsabilità, di quanto pubblicato.
3. Esclusioni
Infine, a parere di chi scrive, non risulta propriamente contestualizzata l’esclusione delle campagne di prevenzione informative.
Il legislatore introduce per la prima volta questo concetto nell’ambito della normativa sulla pubblicità sanitaria, ma non lo definisce.
Queste campagne potrebbero rientrare tra le più note campagne sulla prevenzione e sensibilizzazione in tema di salute, promosse canonicamente da Enti pubblici, fondazioni, associazioni?
In effetti queste non sono una forma di pubblicità e, perciò, esenti dagli specifici vincoli.
Diversamente, una comunicazione che invita alla prevenzione e da le relative informazioni che è riferita ad un professionista sanitario o ad una struttura è finora sempre stata ritenuta una forma di pubblicità informativa sanitaria e rientrante negli obblighi di settore.
La norma non chiarisce nemmeno le ipotesi in cui, questa fattispecie, possa legittimamente derogare alle norme sulla pubblicità sanitaria per giustificare l’esclusione dall’applicazione della sanzione.
La disposizione è attualmente è ancora contenuta in un disegno di legge e, in considerazione degli aspetti di criticità individuati, si auspica una revisione da parte del legislatore a fini chiarificatori per garantirne una corretta interpretazione e applicazione.