L’avvento dell’Internet Of Things (IoT) ci ha catapultati nell’era dei “wearables”, dispositivi indossabili capaci di raccogliere enormi quantità di dati personali dei loro utilizzatori.
Il mondo dello sport non è certo estraneo a questo tema, risultando piuttosto un settore che funge da propulsore per lo sviluppo tecnologico. E anche uno di quelli che può ottenere i maggiori vantaggi dalle pratiche di raccolta e gestione dei dati che ne derivano. Tra le applicazioni più diffuse nelle Società professionistiche, ci sono quelle finalizzate al monitoraggio delle prestazioni degli atleti ad opera dei preparatori sportivi.
I vantaggi, però, non si ottengono mai senza affrontare dei rischi.
In ambito privacy, in una recente intervista di Corriere Salute anche il Garante si è espresso su alcune delle principali problematiche connesse alla diffusione dell’IoT: sensibilità dei dati (spesso connessi alla salute), obblighi di trasparenza e sicurezza, supervisione dei soggetti della filiera implicati nel trattamento dei dati. Per la cybersecurity, sono poi già disponibili il contributo del NIST, con alcune importanti considerazioni sulle pratiche di gestione dell’IoT, e le linee guida di ENISA, concentrate sulla catena di fornitura.
Con la speranza di favorire una riflessione costruttiva sul tema, lo studio Delli Ponti con il team di Sportlaw ha avviato un percorso di approfondimento delle prassi più comuni nelle Società sportive.
Si è deciso di farlo mantenendo uno sguardo “dall’interno”, con l’aiuto di Alessandro Bernardini, ex difensore della Salernitana che ha gentilmente condiviso la sua esperienza.
Ciao Alessandro, oggi ci troviamo a far due chiacchiere sul monitoraggio delle prestazioni degli atleti. Sono curioso di sentire cos’hai da raccontarci, visto che come calciatore professionista hai avuto esperienze in squadre di tutte le categorie. Il periodo della tua attività (dai primi anni 2000 fino al 2019) corrisponde probabilmente a quello di maggior crescita e sviluppo delle tecnologie che vengono utilizzate.
Ciao Fabio. È un tema molto interessante. Quando mi hai anticipato l’argomento, ho pensato che potesse essere utile raccogliere qualche informazione in più, per non portarti solamente la mia esperienza di ex calciatore. Negli anni infatti ho anche avuto modo di conoscere molti bravissimi preparatori atletici, che collaborano tuttora con squadre di Serie A, Serie B, e qualcuno perfino all’estero con squadre del calibro del Paris Saint-Germain. Ho avuto modo di confrontarmi con loro. Posso confermarti che i metodi e le tecnologie per il monitoraggio delle prestazioni atletiche sono davvero in continuo sviluppo.
Allora proviamo a circoscrivere un po’ l’argomento. Si parla molto di dispositivi indossabili, i cosiddetti wearables, ma non sono sempre chiari gli scopi e le implicazioni del loro utilizzo sulla gestione di dati personali. Di quali strumenti e di quali dati stiamo parlando?
Nel calcio, i più utilizzati sono sicuramente cardiofrequenzimetri e rilevatori GPS. Posizionati sulla schiena, tra le scapole, permettono di raccogliere informazioni su velocità, accelerazione e decelerazione, distanza percorsa. E tutta una serie di altri riferimenti sulle prestazioni atletiche e i livelli di intensità di gioco.
Il monitoraggio delle prestazioni atletiche, però, prevede anche prelievi di gocce di sangue e/o di saliva. I campioni sono analizzati per il calcolo dei livelli di CPK (creatina fosfochinasi) o di altri parametri ormonali (testosterone, cortisolo). Tutti dati utilizzati per valutare principalmente il livello di affaticamento degli atleti a fine sessione.