In una recente Sentenza la Cassazione Penale (sentenza n. 18842/2019 depositata il 12 Marzo 2019) fornisce interessanti elementi per la costruzione di un Modello Organizzativo che possa costituire funzione esimenti per le sanzioni previste dal D.Lgs. 231/2001.
Come noto, infatti, il legislatore ha previsto la possibilità per l’ente di sottrarsi totalmente o parzialmente all’applicazione delle sanzioni, purché siano state rispettate determinate condizioni. Nello specifico, l’art. 6 del D.Lgs. 231 contempla una forma di “esonero” da responsabilità dell’ente se si dimostra di aver adottato ed efficacemente attuato Modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire la realizzazione degli illeciti penali considerati.
Vediamo il caso esaminato dalla Suprema Corte.
Alla Canditfrucht S.p.A., un’azienda leader nella produzione di succhi di frutta, olii essenziali, frutta candita, bucce essiccate, cellule, segmenti e private label, è stata imputata la gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti con riferimento al c.d. “pastazzo” di agrumi consistita nello smaltimento “in discariche abusive e in altri luoghi non autorizzati, tra Barcellona Pozzo di Gotto e le aree limitrofe”.
La Corte ha sottolineato l’importanza di avere un modello in cui sia rappresentata l’analisi del rischio rispetto alla commissione dei reati 231 e l’individuazione delle misure idonee a contenere e contrastare i rischi, riprendendo quanto già precisato nella Tyssenkrupp.
Un Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs. 231 01 che muove da un’analisi di rischio miope ovvero parziale rischia concretamente di impedire il superamento del vaglio di idoneità e, al contempo, un’analisi di rischio che non valuta correttamente la capacità delle misure di controllo esistenti di mitigare il rischio di commissione del reato rilevato rischia, concretamente, di impedire il superamento del vaglio di adeguatezza del Sistema 231.
Ecco le parole della Corte:
“[…] Una volta accertata la commissione di determinati reati da parte delle persone fisiche che esercitano funzioni apicali, i quali abbiano agito nell’interesse o a vantaggio delle società, incombe sui predetti enti l’onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottata ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; in tal senso, la colpa di organizzazione, da intendersi in senso normativo, è fondata, nel sistema introdotto dal D lgs 231 01, sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individua i rischi e delinea le misure atte a contrastarli. […]”.