Al pari di un logo caratterizzato da simboli, immagini, da colori o forme in grado di richiamare l’attenzione del consumatore e rimanere impressi nella sua memoria, anche brevi frasi possono esercitare un forte potere evocativo e persuasivo per far ricordare un messaggio o per trasmettere un concetto. Da un punto di vista legale, come è possibile proteggere uno slogan? Quali strumenti offre a sua tutela l’ordinamento giuridico italiano? È consentita la registrazione di uno slogan come marchio di impresa?
Indice
Slogan, pay-off e claim pubblicitari
In genere gli imprenditori utilizzano uno slogan come motivo accattivante di un loro prodotto o servizio, scegliendo un segno che sia di effetto per i consumatori e di facile memorizzazione, oltre che capace di imprimersi nella memoria del pubblico più del logo scelto come marchio per contraddistinguere il prodotto e/o il servizio. Nel marketing e nel mondo della pubblicità è, dunque, normale ricorrere all’utilizzo di brevi frasi per trasmettere concetti persuasivi.
Gli slogan pubblicitari, i pay-off ed i claim sono brevi frasi, o anche singole parole, accattivanti, espressi anche sotto forma di toni musicali, creati per mantenere vivo nella mente della clientela il marchio della società.
Generalmente, infatti, gli slogan vengono utilizzati in abbinamento ad un marchio con l’attitudine di valorizzare ancor più il brand societario e preservare l’unicità dei prodotti o dei servizi contraddistinti dallo stesso marchio.
Tutela autoriale di slogan
In primo luogo, uno slogan può essere considerato un’opera dell’ingegno e dunque proteggibile dalla Legge sul diritto d’autore (legge n. 633 del 22 aprile 1941 e successive modificazioni), alla stregua di un’opera letteraria. Infatti, se dotato di carattere creativo, uno slogan o un pay-off possono ottenere la tutela prevista dal diritto d’autore. Come è noto, rientrano nel campo d’applicazione del diritto d’autore le opere aventi carattere creativo appartenenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, a prescindere dal modo o dalla forma di espressione (art. 2, legge n. 633/1941).
La tutela autoriale prescinde da qualsiasi formalità e non richiede alcuna forma di registrazione, ma sorge in capo al suo autore nel momento stesso della creazione dell’opera, a condizione che l’opera presenti i requisiti richiesti dal diritto d’autore; in altre parole, è sufficiente che sia dotato del requisito della creatività previsto dal diritto d’autore e che, per l’ipotesi di contestazione, se ne possa dimostrare la paternità e la data di creazione.
Allo slogan viene, dunque, riconosciuta la natura di opera dell’ingegno a condizione che sia dotato di carattere creativo e, dunque, non abbia la mera finalità di presentare al pubblico il prodotto commercializzato.
Proprio il carattere creativo di uno slogan è stato oggetto di una interessante pronuncia della Corte di Cassazione (Cass., sez. I, n. 8276 del 14 marzo 2022) che ha affrontato una pratica particolarmente diffusa nel mondo del marketing, cioè quella di inserire all’interno di uno slogan pubblicitario un marchio, con la precisa finalità di poterne sfruttare la capacità attrattiva sui consumatori. Al riguardo, la Cassazione ha statuito che la rivendicazione dell’opera dell’ingegno su un messaggio pubblicitario è subordinata alla dimostrazione dell’originalità del creato. Originalità che deve negarsi laddove, all’interno del messaggio pubblicitario, venga utilizzato un marchio registrato che gode di autonoma capacità evocativa: il carattere creativo dello slogan viene meno per effetto del collegamento con un marchio.
Alla luce dell’orientamento espresso dagli ermellini, se si vuole ottenere la tutela autoriale, è consigliabile non agganciare uno slogan pubblicitario al marchio che si vuole sponsorizzare: se, da un lato, l’accostamento di un claim pubblicitario ad un marchio lo rende privo di creatività, dall’altro lato, un claim privo di espliciti riferimenti ad un marchio potrà essere riconosciuto quale opera creativa proteggibile.
La registrazione di uno slogan come marchio
Una soluzione alternativa per assicurare protezione giuridica ad uno slogan pubblicitario è la sua registrazione come marchio, procedura che, a differenza della tutela sul diritto d’autore, conferisce una privativa titolata. Ovviamente perché ciò possa avvenire occorre che lo slogan rispetti i requisiti previsti per i marchi e che, quindi, lo slogan ed il payoff siano distintivi, nuovi e leciti.
Il Codice della Proprietà industriale (D.Lgs. n. 30/2010 e successivi aggiornamenti) prevede, infatti, alcuni requisiti indispensabili che condizionano la registrazione di un segno come marchio, requisiti che naturalmente devono trovare applicazione anche se si voglia registrare uno slogan: liceità, novità e distintività. In sostanza, lo slogan, per essere registrabile come marchio, non può essere contrario all’ordine pubblico e al buon costume, non può essere identico o simile ad un altro segno sia depositato, registrato o utilizzato sul mercato da altri e non può essere descrittivo dei prodotti e/o dei servizi contraddistinti.
[ved. anche Illiceità del marchio: il caso “Pablo Escobar”]
Ciò precisato, è bene chiarire che non tutti gli slogan sono suscettibili di registrazione come marchi d’impresa. Tale protezione non può essere ottenuta se lo slogan presenti i caratteri di un puro messaggio promozionale ed è percepito dal pubblico semplicemente come una formula elogiativa e non come un segno distintivo, cioè non è visto come quel segno capace di contraddistinguere in maniera inequivocabile l’origine imprenditoriale del prodotto/servizio che promuove.
Il carattere distintivo dello slogan per la sua registrazione
[ved. anche UNICITÀ NON È “DISTINTIVITÀ”: un po’ di chiarezza sul carattere distintivo dei marchi]
In buona sostanza, lo slogan è ammesso alla registrazione come marchio a condizione che sia distintivo e, cioè, che venga percepito dai consumatori come uno strumento d’identificazione dell’origine commerciale ed imprenditoriale dei prodotti o servizi dallo stesso contraddistinti.
In altri termini, il requisito fondamentale è che lo slogan non sia costituito da un’espressione comunemente usata nel linguaggio che si limiti ad informare il pubblico circa le qualità del prodotto/servizio, ma è indispensabile che esso sia idoneo ad indicare la provenienza imprenditoriale dei prodotti/servizi per i quali viene usato, senza possibilità di confusione con quelli dei concorrenti.
Posto che la connotazione elogiativa di un marchio denominativo non impedisce che lo stesso sia comunque idoneo ad informare i consumatori circa l’origine commerciale dei prodotti o dei servizi, allo stesso modo, anche una formula promozionale può senz’altro essere percepita come un’indicazione della provenienza imprenditoriale dei prodotti o dei servizi e, nei limiti in cui tale provenienza sia percepita dal pubblico, lo slogan possiede carattere distintivo.
Come accade per il marchio, anche il carattere distintivo di uno slogan deve essere valutato alla stregua di tutti gli elementi che lo compongono: così, anche se i termini che lo compongono, presi isolatamente, sono privi di carattere distintivo, la loro combinazione può invece dar vita ad un segno dotato di distintività.
Sul dibattito intorno all’appropriabilità in esclusiva di quella particolare forma di comunicazione pubblicitaria che è lo slogan, è interessante segnalare un’altra pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (Cass. sez. I, n. 37697 del 23 dicembre 2022) che sembra aver aperto le porte alla registrazione esclusiva di uno slogan come marchio.
In particolare, in essa, i giudici della Suprema Corte, confermando la precedente decisione dell’UIBM di rigetto della registrazione di un claim per assenza di distintività (si trattava del claim “La mia pelle merita di essere trattata bene” per una crema cosmetica), hanno chiarito che non deve escludersi a priori la registrazione di marchi accompagnati da segni utilizzati quali slogan commerciali o da espressioni incitanti ad acquistare i prodotti/servizi a cui detto marchio si riferisce.
Per essere ammessi a registrazione, i segni utilizzati per scopi pubblicitari devono, però, rispettare i criteri di registrazione, compreso l’elemento del carattere distintivo.
Se è possibile che un marchio sia percepito dal consumatore sia come messaggio promozionale e al tempo stesso come indicazione dell’origine commerciale dei prodotti/servizi, una volta ritenuto sussistente il carattere promozionale del marchio è indispensabile accertarne la presenza del carattere distintivo. Sul punto, la Cassazione ha escluso la sussistenza di carattere distintivo nello slogan e ne ha conseguentemente negato la registrazione sull’assunto che «lo slogan, per possedere carattere distintivo, non deve tradursi in espressioni comunemente utilizzate nel linguaggio, né limitarsi ad informare in termini comuni circa la natura o i vantaggi o le qualità del prodotto essendo invece indispensabile la compresenza di un quid pluris atto a farlo percepire dal pubblico come tramite di identificazione dell’origine commerciale dei prodotti consentendone la distinzione da quelli concorrenti».
La portata di tale pronuncia sta non solo nel fatto che per la prima volta in termini così diretti è stata esplicitamente riconosciuta l’idoneità dello slogan a formare oggetto di registrazione come marchio di impresa, ma anche nel riconoscimento della potenzialità dei claim a divenire veri e propri asset aziendali suscettibili di esclusiva e di valorizzazione economica al pari degli altri diritti di proprietà industriale dell’impresa.